(massima n. 1)
Nel sistema processuale previgente, come del resto, in quello attualmente in vigore, l'interrogatorio dell'imputato, pur nella sua essenziale innegabile natura di strumento di difesa, rientra comunque nel novero di mezzi di prova e, in quanto tale, è liberamente valutabile dal giudice con il solo limite, oggi espressamente consacrato nell'art. 192, comma primo, c.p.p. 1988, dell'obbligo di dar conto nella motivazione, come per ogni altro mezzo di prova, «dei risultati acquisiti e dei criteri adottati». Ne consegue che la confessione resa nell'interrogatorio ben può costituire prova sufficiente della responsabilità del confidente, persino indipendentemente dall'esistenza di veri e propri riscontri esterni, purché il giudice, nell'esercizio del suo potere di apprezzamento del materiale probatorio, prenda in esame le circostanze oggettive e soggettive che hanno determinato ed accompagnato la confessione e dia ragione, con adeguata e logica motivazione, del proprio convincimento circa l'affidabilità della stessa.