(massima n. 1)
La sentenza emessa nel procedimento svoltosi con il rito abbreviato in camera di consiglio, deve essere pubblicata, come tutte le sentenze, mediante lettura del dispositivo in udienza, e non mediante deposito in cancelleria ex art. 128 c.p.p.: ciò in virtù dell'art. 442 comma primo c.p.p. che rinvia per la «decisione» nel giudizio abbreviato alle norme dettate, dagli artt. 529 ss. stesso codice, per la sentenza emessa a seguito del dibattimento, norme tra le quali sono da ricomprendere quelle concernenti la redazione e la pubblicazione della sentenza. Detto principio si applica anche per le sentenze emesse in appello a seguito di giudizio abbreviato in primo grado, posto che il rinvio all'art. 127 c.p.p. — contenuto nell'art. 599 comma primo in relazione all'art. 443 ultimo comma c.p.p. — riguarda solo le forme del procedimento camerale, e non tutti i provvedimenti ed in particolare la sentenza che lo conclude. Peraltro, in ossequio al principio della tassatività della nullità sancito nell'art. 177 c.p.p., la mancata lettura del dispositivo in udienza, nei casi in cui la disposizione dell'art. 442 comma primo in relazione all'art. 545 comma primo c.p.p. sia stata inosservata per essersi uniformato il giudice alle regole previste per la pubblicazione dei provvedimenti camerali diversi dalle sentenze, non comporta alcuna nullità — né di ordine generale, né assoluta e neppure relativa — in virtù del disposto dell'art. 546 comma terzo c.p.p. che, occupandosi proprio delle nullità dovute alla mancanza dei requisiti che la sentenza deve contenere, non vi include quella derivante dalla mancata lettura del dispositivo in udienza.