(massima n. 1)
Nel caso di trasformazione in unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato di più contratti a termine succedutisi tra le stesse parti, per effetto dell'illegittimità dell'apposizione dei termini, o comunque dell'elusione delle disposizioni imperative della legge 18 aprile 1962 n. 230, non sussiste, per gli intervalli «non lavorati» tra l'uno e l'altro rapporto, il diritto del lavoratore alla retribuzione, al corrispondente rateo di tredicesima mensilità e la compenso per ferie non godute, mancando una deroga al principio generale secondo cui la maturazione di tali diritti presuppone la prestazione lavorativa, e considerato che la suddetta riunificazione in un solo rapporto, operando ex post non incide sulla mancanza di un effettiva prestazione negli spazi temporali tra contratti a tempo determinato; peraltro, il dipendente che cessa l'esecuzione delle prestazioni alla scadenza del termine previsto può ottenere il risarcimento del danno subito a causa dell'impossibilità della prestazione derivante dall'ingiustificato rifiuto del datore di lavoro di riceverla — in linea generale in misura corrispondente a quella della retribuzione — soltanto qualora provveda a costituire in mora il datore di lavoro ex art. 1217, c.c., non essendo applicabili in via analogica le norme della legge n. 604 del 1966 e l'art. 18, legge n. 300 del 1970 e non potendo neppure ritenersi che non occorra la messa in mora, reputando, in contrasto con gli artt. 1206 e 1217, c.c., che l'offerta della prestazione coincida con l'interesse all'esecuzione ed alla controprestazione.