(massima n. 1)
In tema di diffamazione a mezzo stampa, ogni accostamento di notizie vere è lecito quando non produce un ulteriore significato che le trascenda e che abbia autonoma attitudine lesiva. Quando l'accorpamento determina un'espansione dei significati, occorre avere riguardo al risultato: se questo consiste in un mero dato logico, in un corretto corollario, per quanto insinuante, è da escludere l'effetto denigratorio. Se invece, per effetto dell'espansione, si produce una nuova notizia o una specificazione di quelle già date, dovrà indagarsi sulla loro verità: solo in caso di risposta negativa, si realizza l'effetto diffamatorio. (Fattispecie relativa ad un servizio giornalistico sul riciclaggio di denaro proveniente da attività criminali gestite dalla camorra ed investito nelle case da gioco. Posta la premessa della verità, di due notizie, che cioè una certa società «stava dietro» i movimenti di capitale e che il querelante, esercente la professione legale, ne era il prestanome, la Suprema Corte, diversamente dai giudici di merito, ha ritenuto che il diritto di cronaca si estendesse al corollario che derivava dal loro collegamento, ossia all'accostamento logico cui il lettore era indotto tra le suddette attività illecite e la persona del querelante medesimo).