(massima n. 1)
In tema di diffamazione attribuita ad un parlamentare, non sussistono i presupposti di fatto per sollevare, da parte dell'A.G., conflitto di attribuzione a fronte di una delibera di insindacabilitą emessa, ai sensi dell'art. 68 comma primo della Costituzione, dalla competente Camera, quando la suddetta delibera risulti basata sul presupposto che l'imputato, pur al di fuori delle sedi istituzionali e non riportando esattamente quanto gią esposto in dette sedi, abbia reso le dichiarazioni obiettivamente diffamatorie, nell'ambito dell'attivitą legittimamente volta a coltivare, con comizi, assemblee, dibattiti radiofonici o televisivi, il rapporto con i cittadini, allo scopo di ottenerne consenso per le sue iniziative politiche. (In applicazione di tale principio, la Corte rilevando che, nella delibera di insindacabilitą, era stato evidenziato che l'imputato, in Parlamento, si era reso promotore di iniziative volte a limitare i poteri della Magistratura inquirente ed aveva formulato censure in relazione ad ipotizzate interferenze di magistrati nella attivitą politica ha annullato senza rinvio la sentenza di secondo grado, che aveva confermato la condanna dell'imputato, per diffamazione consistita nell'avere egli, nel corso di due trasmissioni televisive, accusato un procuratore della Repubblica di operare secondo logiche partitiche e di costruire «teoremi» politico-giudiziari).