(massima n. 1)
In tema di diffamazione a mezzo stampa, l'esercizio della critica per assumere rilievo scriminante nei confronti di un'offesa deve essere esercitato nei limiti del diritto costituzionalmente garantito, sicché restano ugualmente punibili le espressioni inutilmente volgari, umilianti o dileggianti. Ne consegue che l'idoneità psichica di un soggetto, sebbene possa rappresentare legittimo tema di discussione nell'ambito di una controversia giudiziaria, non può essere assunto come oggetto di dibattito sulla stampa d'informazione per l'esigenza fondamentale di tutelare la riservatezza di dati ed informazioni, attinenti alla salute ed alla sfera sessuale dei singoli, che rientrano nell'ambito della tutela prevista per i dati sensibili dall'art. 22 della legge 675 del 1996. (Nella specie la Corte ha ritenuto corretta la decisione di merito secondo cui aveva valicato i limiti del diritto di critica la dichiarazione di un soggetto il quale aveva criticato una decisione del giudice che aveva affidato alla moglie il figlio affermando che, secondo gli psichiatri interpellati nel corso del giudizio, la donna era «una border-line che ha fatto i soldi con la perversione sessuale, una instabile e narcisista»).