(massima n. 1)
In materia di specie protette, a differenza del vecchio testo dell'art. 2 legge 7 febbraio 1992, n. 150, che qualificava come reato anche la semplice detenzione di esemplari vivi o morti degli animali selvatici e delle piante, o loro parti o prodotti derivati, indicati nell'allegato a), appendici II e III, e nell'allegato c), parte seconda, del regolamento C.E.E. n. 3626/82, e successive modificazioni, il nuovo testo del medesimo art. 2, così come sostituito dall'art. 2 D.L. 12 gennaio 1993, n. 2, convertito con modificazioni nella legge 13 marzo 1993, n. 59, prevede come reato non più la semplice detenzione, ma soltanto la «detenzione per la vendita». Ne consegue che la semplice detenzione di oggetti di pelle non è, di per sè, intrinsecamente illecita, come ad esempio la detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili di specie selvatica e di esemplari vivi di mammiferi e rettili provenienti da riproduzioni in cattività che costituiscano pericolo per la salute e l'incolumità pubblica: gli oggetti di pelle e pelli di animali morti in questione non costituiscono cose la cui detenzione costituisce reato e non ne può, quindi, essere disposta la confisca in mancanza di una pronuncia di condanna, ai sensi dell'art. 240, secondo comma n. 2, c.p. (Nella specie, relativa ad annullamento senza rinvio, perché estinto il reato per prescrizione, di sentenza di applicazione di pena concordata con ordine di restituzione della merce in sequestro, per avere l'imputato importato nel territorio italiano esemplari morti della specie «Vaiman Crocodylus» provenienti da Caracas, la S.C. ha ritenuto infondata la tesi del ricorrente P.M., secondo cui il pretore aveva errato nel disporre la restituzione della merce sequestrata sull'assunto che non si tratta di fattispecie di confisca obbligatoria).