(massima n. 1)
In tema di successione di leggi penali nel tempo, ai fini dell'applicazione della legge più favorevole al reo il giudice deve valutare in concreto, caso per caso, quale sia la soluzione di maggior favore tenendo presente che la pena detentiva è sempre, per sua stessa natura, più grave e meno favorevole della pena pecuniaria, rimanendo a tal fine irrilevante il criterio di ragguaglio previsto dall'art. 135 c.p. La pena detentiva deve perciò essere considerata più afflittiva anche quando dall'eventuale conversione di quest'ultima dovesse derivare una quantificazione pecuniaria inferiore di quella prevista con l'applicazione della pena pecuniaria prevista in alternativa alla detenzione. (Nel caso di specie la Corte ha confermato la sentenza con la quale i giudici di appello avevano, in applicazione del D.L. 17 marzo 1995, n. 79, convertito con L. 17 maggio 1995, n. 172, applicato all'imputato, condannato in primo grado per il reato previsto dall'art. 21 della L. 10 maggio 1976, n. 319, una pena pecuniaria, in alternativa a quella detentiva, di entità superiore a quella che sarebbe derivata dalla conversione della pena detentiva irrogata con la sentenza di primo grado).