(massima n. 1)
Ai fini della sussistenza del delitto di cui all'art. 366 c.p. non è richiesto che il rifiuto di assumere l'incarico o le funzioni sia espressamente dichiarato, ma, pure non essendo sufficienti una mera tergiversazione o un perdurante ritardo ad adempiere, il rifiuto può desumersi dal comportamento tenuto dal soggetto attivo del reato quando esso si manifesti attraverso un fatto positivo univoco e concludente. (Fattispecie relativa a indebita ammissione del deposito della relazione da parte del consulente tecnico). Ricorrono gli estremi del delitto di cui all'art. 366 c.p., il rifiuto, cioè, di prestare uffici legalmente dovuti da parte di un perito, un interprete o un custode nominato dall'autorità giudiziaria, non solo quando il rifiuto concerna il momento iniziale di assunzione dell'incarico o delle funzioni che si intendono affidare, bensì anche quando esso riguardi la fase dell'esecuzione dell'incarico di esse, giusta la dizione letterale della norma in oggetto che, espressamente, parla di assumere o di adempiere le funzioni medesime.