(massima n. 1)
Colui che sfida o accetta la sfida, per risolvere la contesa o dar sfogo al proprio risentimento, versa consapevolmente nell'illecito e da tale suo stato non può invocare, non solo la legittima difesa e l'eccesso colposo, ma neppure l'attenuante della provocazione, proprio in forza della illiceità totale del suo comportamento, anche se occasionato da un precedente fatto dell'avversario, sia esso giusto o ingiusto.