(massima n. 1)
In coerenza con la sistematica adottata dal legislatore, per cui si distingue tra errore sul fatto che costituisce reato (art. 47 c.p.) ed errore sulle scriminanti (art. 59 c.p.), l'art. 55 contempla un'ipotesi particolare di errore sulle scriminanti, o più esattamente una particolare modalità della condotta caratterizzata da errore sulle scriminanti. La previsione normativa dell'art. 55 c.p. disciplina, infatti, quelle situazioni particolari nelle quali, per colpa, determinata da imperizia, negligenza o imprudenza, si superano i limiti oggettivi di scriminanti effettivamente esistenti, nel senso che il comportamento dell'agente, fino ad un certo punto del suo svolgimento, è sorretto da una causa di giustificazione realmente esistente; mentre in una fase successiva è accompagnato dalla mera putatività di un elemento scriminante, della quale, vengono in realtà ecceduti i limiti. Accanto a questa figura di eccesso colposo, che costituisce un eccesso modale, è tuttavia possibile parlare di eccesso anche quando questo si innesta su di una situazione di scriminante erroneamente supposta: l'agente ritiene per errore incolpevole che esista una scriminante, che nella realtà non esiste, ma nell'agire trascende colposamente i limiti consentiti dalla disposizione. Tale forma di eccesso, che esula dalla disciplina dell'art. 55 c.p., è riconducibile alla figura generale dell'art. 59 terzo comma seconda parte, che implicitamente prevede anche una forma di eccesso: l'agente, cioè, opera nella erronea ma giustificata convinzione della esistenza di una scriminante, che nella realtà, non sussiste (e che sarebbe quindi coperta dalla scriminante positiva) ma, per colpa, non si rappresenti o non osservi i limiti della scriminante stessa e, concretamente li trascenda.