(massima n. 1)
La coscienza dell'antigiuridicità o dell'antisocialità della condotta non è una componente del dolo, per la cui sussistenza è necessario soltanto che l'agente abbia la coscienza e volontà di commettere una determinata azione. D'altra parte, essendo la conoscenza della legge penale presunta dall'art. 5 c.p., quando l'agente abbia posto in essere coscientemente e con volontà libera il fatto vietato dalla legge penale, il dolo deve essere ritenuto sussistente, senza che sia necessaria la consapevolezza dell'agente di compiere un'azione illegittima o antisociale sia nel senso di consapevolezza della contrarietà alla legge penale sia nel senso di contrarietà con i fini della comunità organizzata. Pertanto, anche in materia di armi e munizioni, per quanto concerne l'elemento soggettivo del reato, valgono i principi generali posti dagli artt. 42 e 43 c.p., per cui — ad eccezione di ipotesi specifiche — è richiesto il dolo generico, e cioè la coscienza e la volontà del comportamento e la previsione dell'evento da parte dell'agente quale conseguenza della sua azione od omissione, e non si richiede la coscienza dell'antigiuridicità o dell'antisocialità della condotta e tanto meno la volontà di violare una determinata norma di legge, giacché altrimenti rimarrebbe svuotato di contenuto e di efficacia il precetto della inescusabilità dell'ignoranza della legge penale contenuto nel citato art. 5 c.p.