(massima n. 1)
L'istanza con cui il debitore esecutato, senza contestare il diritto della controparte a procedere ad esecuzione forzata né dedurre vizi formali della procedura, lamenti che il creditore abbia proceduto (nella specie sulla base di un titolo esecutivo fino ad allora non azionato, di cui peraltro era dedotta la connessione con titolo già fatto valere) al pignoramento di un ulteriore bene immobile, quando invece il credito avrebbe dovuto ritenersi sufficientemente garantito da un precedente pignoramento immobiliare, integrando una richiesta di limitare i beni sottoposti a pignoramento va inquadrata tra quelle misure speciali che sono previste dagli artt. 483, 496, 504 e 508 c.p.c., nonché dall'art. 2911 c.c., per evitare eccessi nell'uso del procedimento di espropriazione forzata, e appartengono alla competenza del giudice dell'esecuzione. Il provvedimento, negativo o positivo, al riguardo emanato dal giudice dell'esecuzione, in quanto atto esecutivo, è impugnabile con l'opposizione ex artt. 617 c.p.c. con riferimento sia ad irregolarità formali che alla sua inopportunità. Più specificamente l'istanza suindicata va ricondotta non alla previsione di cui all'art. 483 c.p.c., volta a disciplinare il cumulo di «diversi» mezzi di espropriazione (come, ad esempio, il cumulo dell'espropriazione mobiliare con quella immobiliare), ma alla previsione di cui all'art. 496, la quale sotto la rubrica «riduzione del pignoramento» disciplina la limitazione dell'espropriazione nell'ambito di uno stesso mezzo di espropriazione, senza che rilevi la circostanza che i beni siano colpiti con un solo atto di pignoramento o con più successivi pignoramenti.