(massima n. 2)
In tema di opposizione allo stato passivo nella liquidazione coatta amministrativa degli enti creditizi, č manifestamente infondata la questione di legittimitā costituzionale dell'art. 88 del D.L.vo n. 385 del 1993, nella parte in cui, prevedendo la riduzione alla metā del termine per proporre ricorso per cassazione e la decorrenza dello stesso dalla notifica della sentenza d'appello, detta una disciplina differenziata rispetto a quella dell'insinuazione tardiva, per la quale vale invece il termine ordinario di impugnazione. Si tratta infatti di situazioni non omogenee, in quanto nel primo caso il giudizio ha carattere "lato sensu" impugnatorio dell'accertamento compiuto in sede di formazione dello stato passivo, mentre nel secondo ancora non č intervenuta alcuna pronuncia sulla domanda, e, sul piano sostanziale, solo il creditore tardivo sopporta, se non privilegiato e salva la non imputabilitā del ritardo, le conseguenze della non tempestivitā della domanda, concorrendo solo sui riparti futuri e non avendo alcun diritto ad accantonamenti, nč ad opporsi alla chiusura della procedura. Solo per l'opposizione trova quindi giustificazione la scelta del legislatore di prevedere termini di impugnazione dimidiati, al fine assicurare una rapida definizione della controversia, che puō produrre conseguenze nei confronti degli altri creditori concorrenti.