(massima n. 1)
Il bilancio, redatto dal commissario liquidatore per determinare il reddito di impresa relativo al periodo compreso tra l'inizio dell'esercizio e il provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa, a norma dell'art. 125 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (rinumerato come art. 183 dall'art. 1, del d.lgs. 12 dicembre 2003, n. 344), è atto dovuto del commissario, sia pure nominato in carenza di poteri ed insediato di fatto nella carica, e, atteso il suo contenuto e la sua funzione informativa e di raccordo fra la gestione "in bonis" e quella commissariale, secondo il principio della continuità dei bilanci, va qualificato come bilancio di esercizio della società, dunque regolato dagli artt. 2423-2426 cod. civ.; peraltro, l'inapplicabilità delle regole ordinarie di impugnazione (derivante dalla mancanza della deliberazione assembleare di approvazione, in ragione della cessazione, anche di fatto, delle funzioni degli organi sociali) non ha altra conseguenza se non quella di rendere applicabili le comuni azioni di accertamento della nullità secondo il combinato disposto degli artt. 1324 e 1418 cod. civ., non potendosi negare l'interesse del socio ad impugnare tale bilancio sulla base della mera circostanza che esso sia redatto dal commissario liquidatore, invece che dall'organo amministrativo.