(massima n. 1)
In tema di rinuncia di un condomino al diritto sulle cose comuni, vietata dall'art. 1118 c.c., la cessione della proprietà esclusiva non può essere separata dal diritto sui beni comuni soltanto quando le cose comuni e i piani o le porzioni di piano di proprietà esclusiva siano — per effetto di incorporazione fisica — indissolubilmente legate le une alle altre oppure nel caso in cui, pur essendo suscettibili di separazione senza pregiudizio reciproco, esista tra di essi un vincolo di destinazione che sia caratterizzato da indivisibilità per essere i beni condominiali essenziali per l'esistenza ed il godimento delle proprietà esclusive; qualora, invece, i primi siano semplicemente funzionali all'uso e al godimento delle singole unità, queste ultime possono essere cedute separatamente dal diritto di condominio sui beni comuni, con la conseguenza che in tal caso la presunzione di cui all'art. 1117 c.c. risulta superata dal titolo. (Nella specie la Corte ha confermato la impugnata sentenza la quale aveva ritenuto valida la clausola contrattuale con cui, nell'atto di vendita di due locali siti a piano terra e con ingresso diretto dalla via pubblica, era stato imposto all'acquirente il divieto di utilizzare la porta di ingresso, l'androne e il vano scala dell'edificio condominiale sul rilievo che l'uso dei beni condominiali in oggetto non era essenziale per l'utilizzazione dei locali di proprietà esclusiva).