(massima n. 1)
Per la qualificazione come ordinanza o come sentenza di un provvedimento del giudice civile, anche in composizione monocratica ai sensi dell'art. 281 bis c.p.c., ai fini della sua impugnabilità, è necessario ricorrere al criterio del contenuto e della sostanza di esso secondo le norme di legge; pertanto, sono sentenze — soggette agli ordinari mezzi di impugnazione e suscettibili, in mancanza, di passare in giudicato — i provvedimenti che, ai sensi dell'art. 279 c.p.c. contengono una statuizione di natura decisoria (sulla giurisdizione, sulla competenza, ovvero su questioni pregiudiziali del processo o preliminari di merito) anche quando non definiscono il giudizio; ne consegue che, attesa l'ammissibilità della pronuncia di sentenze non definitive anche nel rito del lavoro, il provvedimento con il quale, nell'ambito di tale processo, il giudice decida una questione pregiudiziale idonea a definire il giudizio, ai sensi dell'art. 279, secondo comma, n. 4) con riferimento al n. 2), deve essere necessariamente qualificato come sentenza. (Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva qualificato come ordinanza il provvedimento del giudice di primo grado che aveva deciso con provvedimento non definitivo la questione relativa al potere di rappresentanza sostanziale di una parte).