(massima n. 1)
Il «concorso dei creditori» che con il fallimento, a norma dell'art. 52 legge fall., si apre sul patrimonio del fallito non comprende i crediti sorti dopo l'apertura della procedura, ancorché riferiti a precedenti comportamenti del fallito: per valutare la natura concorsuale o meno di un credito occorre tenere conto dell'elemento genetico dell'obbligazione sul piano sostanziale alla stregua dell'art. 1173 c.c., di tal che deve considerarsi sorto prima della dichiarazione di fallimento il credito derivante da contratto, fatto illecito o altro fatto idoneo a produrre obbligazione, verificatosi anteriormente alla dichiarazione stessa, essendo invece ininfluente che i relativi effetti, come, ad esempio, il danno, si siano manifestati in un momento successivo all'intervenuto fallimento. Né una siffatta lettura dell'art. 52 legge fall. si pone in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., perché, da una parte, la pretesa disparità di trattamento fra crediti nei confronti del fallito in relazione alla loro ammissibilità o meno allo stato passivo non è ingiustificata né priva di ragionevolezza, trovando invece fondamento nella intervenuta cristallizzazione del patrimonio del fallito a seguito della dichiarazione di fallimento e nel regime conseguente, e, dall'altra, il limite alla tutela del diritto è provvisorio, ben potendo il creditore azionarlo nei confronti del debitore una volta tornato in bonis (fattispecie relativa al credito di un avvocato per l'attività professionale svolta quale difensore in un procedimento penale per bancarotta fraudolenta a carico del fallito, procedimento integralmente svoltosi dopo la relativa dichiarazione).