(massima n. 1)
Il diritto al risarcimento dei danni subiti dal fallito che (fuori dell'ipotesi dell'azione di responsabilità processuale aggravata prevista dall'art. 21 legge fallimentare contro il creditore istante in caso di revoca della dichiarazione di fallimento) sia fondato sul comportamento illecito, contrattuale o extracontrattuale, di un soggetto che si assume aver cagionato la situazione di dissesto determinativa del fallimento, è un ordinario credito risarcitorio da illecito che, atteso il suo contenuto patrimoniale, non rientra tra i beni ed i diritti di natura strettamente personale esclusi dall'esecuzione concorsuale ai sensi dell'art. 46 n. 1 legge fallimentare, ed è anch'esso acquisito alla massa attiva del fallimento. Tale diritto, pertanto, salvo il caso di totale inerzia o disinteresse da parte degli organi preposti al fallimento, non può essere fatto valere direttamente e personalmente dal fallito, né in via autonoma, né mediante intervento nel giudizio che a tal fine sia stato instaurato dal curatore, e proseguito, dopo la chiusura del fallimento per concordato, dall'assuntore del concordato fallimentare. In questa ultima ipotesi, se l'assunzione del concordato sia avvenuta con liberazione immediata del debitore, non è configurabile neppure un interesse riflesso idoneo a legittimare un intervento adesivo dipendente del fallito, né sotto il profilo dell'interesse all'esecuzione del concordato, essendo stato il fallito liberato da ogni responsabilità patrimoniale verso i suoi creditori, né sotto quello dell'interesse alla riabilitazione ex art. 143 n. 2 legge fallimentare dipendendo l'esito del concordato dal comportamento del terzo assuntore e non dell'ex fallito, e non potendo quindi essere valutato ai fini della riabilitazione di quest'ultimo.