(massima n. 1)
Il decreto, reso dal giudice delegato, a norma dell'art. 72 terzo comma della legge fallimentare, sulla richiesta di assegnazione di un termine al curatore, per l'eventuale subingresso al fallito in un contratto non ancora eseguito alla data del fallimento, al pari del decreto di autorizzazione del curatore medesimo alla manifestazione della relativa volontà, configura un atto interno di carattere ordinatorio, inerente alla gestione del patrimonio fallimentare, e non un provvedimento decisorio idoneo ad incidere sulle posizioni di diritto soggettivo dell'altro contraente, il quale resta sempre abilitato ad agire nei confronti della curatela per chiedere l'adempimento del contratto o lo scioglimento del rapporto. Ne consegue che detto decreto è reclamabile davanti al tribunale, ai sensi e nei modi fissati dall'art. 26 della legge fallimentare, la cui legittimità costituzionale è stata esclusa dalla sentenza della Corte costituzionale n. 42 del 1981 solo nel diverso caso dei decreti decisori del giudice delegato in materia di riparto dell'attivo (e può essere messa in discussione esclusivamente nelle altre analoghe ipotesi di decreti di natura decisoria), e che, inoltre, avverso il decreto medesimo, così come avverso il provvedimento camerale adottato dal tribunale in esito al reclamo, deve essere negata l'esperibilità del ricorso per cassazione a norma dell'art. 111 della Costituzione.