(massima n. 2)
In tema di comunione, qualora la maggioranza dei comunisti appresa l'intenzione della minoranza o di uno di essi di cedere in locazione (o in affitto agrario) ad un terzo la cosa comune, ovvero l'avvenuta stipulazione del contratto si opponga, rispettivamente, alla conclusione del contratto o all'esecuzione del rapporto locativo, al terzo, cui venga comunicato tale dissenso, resta preclusa la possibilità di pretendere quella conclusione o esecuzione, con la conseguenza che il contratto, stipulato nonostante tale consapevolezza, è invalido per carenza di potere, o di valida volontà, della parte concedente di disporre per l'intero. Inoltre, la comunicazione del detto dissenso non solo alla minoranza, ma anche al terzo conduttore (o affittuario), determina la consapevolezza, in quest'ultimo, della mancanza di legittimazione alla stipula dell'atto da parte della minoranza e, quindi, il concorso, in malafede, nell'abuso del diritto nell'amministrazione del bene comune e ciò costituisce fatto illecito generatore del danno di cui è, pertanto, corresponsabile in solido il conduttore (o affittuario) che ha concorso e cooperato nella conclusione del contratto.