(massima n. 1)
Un comportamento venatorio consentito dalla L. 11 febbraio 1992, n. 157 non può integrare gli estremi del reato di maltrattamento di animali di cui all'art. 727 c.p., anche se è idoneo a cagionare sofferenze agli stessi, poiché il fatto è scriminato a norma dell'art. 51 c.p., purché le concrete modalità di attuazione della pratica non sottopongano l'animale ad un aggravamento di sofferenze non giustificate dalle esigenze della caccia. (Nella fattispecie la Cassazione ha ritenuto che configuri una pratica venatoria consentita dall'art. 21 della legge sulla caccia l'utilizzo come richiamo di uccelli legati con imbracatura attorno al capo, sia in quanto non espressamente vietata, sia in quanto meno dolorosa rispetto a quella, di legare l'animale per le ali, per la quale è stato fissato il divieto.