(massima n. 1)
L'art. 110 del R.D. 18 giugno 1931 n. 773, come da ultimo sostituito dall'art. 37 della legge 23 dicembre 2000 n. 388, a differenza di quanto prevede l'art. 718 c.p., non sanziona l'attività di tenuta o di agevolazione del giuoco d'azzardo ma l'uso di apparecchi da giuoco di genere vietato in locali pubblici o aperti al pubblico, fornendo una definizione di tali apparecchi quali quelli che: a) hanno insita la scommessa; b) pur non avendo insita la scommessa consentono vincite puramente aleatorie di un qualsiasi premio che può essere: 1) in danaro, di qualsiasi importo anche se irrisorio; 2) in natura, anche non concretizzante lucro diversamente da quanto era previsto prima dell'intervento modificativo operato dal citato art. 37 della legge n. 388; 3) corrispondente alla ripetizione di una partita il cui costo superi il valore, in moneta metallica, corrispondente ad un euro. Conseguentemente trattasi di una disciplina non collegata in alcun modo alla nozione di giuoco d'azzardo fornita dall'art. 721 c.p., sia per la diversa ratio della tutela sia in quanto ai sensi dello stesso articolo si ha giuoco d'azzardo, punito dall'art. 718 c.p., quando l'abilità del giocatore ha un ruolo minimo e sussiste un fine di lucro.