(massima n. 1)
La legittimazione a promuovere giudizi in rappresentanza dell'ente Comune compete in via primaria al sindaco e può spettare al segretario generale, nella sua qualità di dirigente di ufficio dirigenziale generale, solo in quanto tale potestà sia stata a lui attribuita dal sindaco medesimo, o derivi da una norma dello statuto o del regolamento dell'ente locale; siffatta legittimazione non compete, invece, al dirigente titolare della direzione di uffici o servizi ex art. 107, comma secondo, D.L.vo n. 267 del 2000, in quanto le attribuzioni previste da quest'ultima norma, l'art. 50, comma secondo, di detto decreto — che riserva al sindaco il potere-dovere di rappresentare l'ente — nonchè il D.L.vo n. 165 del 2001 — che conferisce ai soli dirigenti delle istituzioni scolastiche la legale rappresentanza dell'ente al quale sono preposti (art. 25) — impongono di escludere che un identico potere spetti ai dirigenti del Comune. Inoltre, il D.L.vo n. 267 del 2000, attribuendo in via esclusiva al sindaco la rappresentanza anche giudiziale del Comune, prevedendo che lo statuto può disciplinare i modi di esercizio della rappresentanza legale dell'ente, anche in giudizio (art. 6), permette di stabilire il regime delle autorizzazioni a promuovere o resistere in giudizio, non anche di individuare i soggetti che possono rappresentare il comune in giudizio; conseguentemente, è illegittimo e deve essere disapplicato il regolamento comunale che, in contrasto con detto decreto legislativo, attribuisce al dirigente comunale preposto ad un settore o ad un ufficio il potere di rappresentare in giudizio il comune.