(massima n. 1)
In tema di legittimazione attiva e passiva nei giudizi in cui siano parti amministrazioni dello Stato, pur essendo indubbia l'unicità del soggetto al quale si riferisce l'azione di dette amministrazioni, al suo interno si distinguono i vari settori e sfere di azione e le rispettive competenze, che danno luogo a distinti centri di interesse, con la conseguenza che la legittimazione a stare in giudizio spetta agli organi delle amministrazioni di volta in volta istituzionalmente preposte a svolgere la singola attività di cui si tratta, senza che assuma rilievo in contrario la circostanza che l'art. 4 della legge 25 marzo 1958, n. 260 abbia previsto, nella ipotesi di procedimenti promossi da privati nei confronti di amministrazioni statali, che l'erronea indicazione dell'organo competente a stare in giudizio, comporta una nullità relativa sanabile, peraltro limitatamente al solo momento della instaurazione del giudizio. Tuttavia, qualora l'amministrazione impugnante appaia diversa da quella costituita in primo grado, il giudice del merito, al fine di decidere circa la validità dell'impugnazione, non può omettere di valutare gli elementi che rendono riconoscibile l'eventuale errore materiale nella stesura dell'atto di impugnazione. (Nella specie, il giudice di secondo grado aveva dichiarato inammissibile, in quanto proposto dal Ministero del Lavoro, considerato terzo rispetto alla vicenda processuale, l'appello avverso la decisione, emessa nei confronti del Ministero della Pubblica Istruzione e di quello delle Finanze, convenuti nel giudizio di primo grado, relativa alla determinazione del canone di locazione di un immobile acquistato dal primo a titolo di proprietà demaniale come immobile di interesse storico e artistico; la S.C., alla stregua del principio di cui alla massima, ha annullato tale sentenza, emessa nonostante la deduzione, all'udienza di trattazione, dell'errore materiale contenuto nella intestazione dell'atto di appello, in cui figurava quale impugnante il Ministero del Lavoro).