(massima n. 1)
Le ambasciate o rappresentanze diplomatiche sono organi esterni dello Stato cui appartengono e i loro titolari (ambasciatori o agenti diplomatici) hanno la funzione di rappresentare ad ogni effetto il proprio Stato presso quello straniero dove sono accreditati non esaurendosi la loro attività nel campo strettamente politico e pubblico, ma estendendosi altresì — senza che vi osti alcuna norma di diritto internazionale — ad ogni altro campo, compreso quello privatistico, nel quale sia necessario tutelare gli interessi dello Stato rappresentato. Ne consegue che l'ambasciatore è legittimato, in quanto tale, a rappresentare il proprio Stato nei giudizi in cui questo sia parte, ancorché relativi a rapporti privatistici, senza bisogno di alcun atto autorizzativo particolare, svolgendosi il potere rappresentativo attraverso un rapporto di compenetrazione organica. (Nella specie nel giudizio di primo grado era stata convenuta in giudizio un'ambasciata presso lo Stato italiano, rimasta contumace, e la sentenza era stata appellata allo Stato estero, agendo attraverso il suo ambasciatore e facendo valere la nullità del ricorso introduttivo sia per difetto di soggettività giuridica dell'ambasciata, sia per violazione dei termini a comparire; il giudice d'appello aveva ritenuto legittimo l'ambasciatore in quanto tale, dichiarando la nullità del ricorso introduttivo per violazione dei termini, e inammissibile l'atto di appello con riferimento allo Stato estero, qualificato come intervento del terzo; la S.C., a seguito del ricorso per cassazione proposto dallo Stato estero, ha dichiarato inammissibile il ricorso stesso — peraltro correggendo la motivazione della sentenza impugnata — stante l'unicità del soggetto giuridico e la sua non soccombenza).