(massima n. 1)
In tema di rappresentanza processuale delle persone giuridiche che, ai sensi dell'art. 75 c.p.c., spetta al soggetto al quale è conferita a norma di legge o dello statuto, la capacita di agire o resistere in giudizio in nome e per conto delle società di capitali, essa è attribuita ai sensi del primo comma dell'art. 2384 c.c., agli amministratori che abbiano la rappresentanza esterna, salve peraltro le deroghe stabilite dall'atto costitutivo e dallo statuto, che sono senz'altro opponibili dai terzi, atteso che il principio di cui al comma 2 dell'art. 2384 c.c. — secondo cui le limitazioni del potere di rappresentanza risultanti dall'atto costitutivo o dallo statuto sono opponibili soltanto se si provi che i terzi abbiano agito intenzionalmente in danno della società — ha effetti limitati alla tutela dei terzi e per certi versi dell'onere gravante sull'amministratore di provare la sussistenza dei poteri spesi. (La Corte ha cassato la decisione impugnata che, nell'escludere — ai sensi dell'art. 2384 secondo comma c.c. — l'opponibilità, da parte dei terzi delle limitazioni del potere di rappresentanza degli amministratori risultanti dell'atto costitutivo e dello statuto, aveva ritenuto la capacità processuale dell'amministratore delegato della società opponente in virtù di delega del consiglio di amministrazione della società che gli aveva conferito i poteri di ordinaria amministrazione con rilevanza esterna, fra i quali rientravano quelli di agire o resistere in giudizio, nonostante che lo statuto li attribuisse soltanto al presidente).