(massima n. 1)
In tema di dichiarazione di fallimento, lo stato di insolvenza dell'impresa, che esso presuppone, da intendersi come situazione (in prognosi) irreversibile, e non già mera temporanea impossibilità di regolare adempimento delle obbligazioni assunte, legittimamente può essere desunto, nel contesto dei vari elementi, anche dal mancato pagamento di un solo debito; mentre, d'altro canto, dichiarato il fallimento, la successiva estinzione delle obbligazioni ne consente solamente la chiusura e non anche la revoca, a meno che non trattisi di elementi attinenti, pure se forniti nel successivo giudizio di opposizione, ad epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento ed idonei ad escludere, nel contesto delle varie circostanze, tale stato d'insolvenza. (Nell'affermare il suindicato principio, la S.C. ha cassato la pronunzia del giudice del merito che, nel rigettare il gravame, si era limitata a ribadire l'esistenza dello stato d'insolvenza basandosi unicamente, senza alcuna motivazione, sullo stato passivo provvisorio e, omettendo di fare riferimento al momento della dichiarazione di fallimento ma prendendo in considerazione quello del pagamento del debito effettuato nella fase prefallimentare, non aveva considerato che esso può essere escluso anche sulla base di elementi di prova forniti successivamente nel corso del giudizio di opposizione, purché riferibili ad epoca precedente a tale dichiarazione, ulteriormente omettendo di prendere atto, con le conseguenti e dovute valutazioni, della revoca dell'insinuazione al passivo successivamente alla dichiarazione di fallimento).