(massima n. 3)
Nell'interpretazione del testamento il giudice deve accertare, secondo il principio generale di ermeneutica enunciato dall'art. 1362 c.c., applicabile, con gli opportuni adattamenti, anche in materia testamentaria, quale sia stata l'effettiva volontà del testatore comunque espressa, considerando congiuntamente ed in modo coordinato l'elemento letterale e quello logico dell'atto unilaterale mortis causa salvaguardando il rispetto, in materia, del principio di conservazione del testamento. Tale attività interpretativa del giudice del merito, se compiuta alla stregua dei suddetti criteri e con ragionamento immune da vizi logici, non è censurabile in sede di legittimità. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, rilevandone la congruità della motivazione in base alla quale si era ritenuto che il testatore non aveva voluto istituire un erede, ma aveva, invece, previsto soltanto un onere a carico dell'erede, individuato secondo le norme della successione legittima in mancanza di istituzione testamentaria di erede, pur col singolare esito di utilizzazione dell'intero patrimonio ereditario per il soddisfacimento di quell'onere, volto alla realizzazione di un asilo nido, in apposita località, a beneficio di bambini extracomunitari).