(massima n. 1)
Sussiste il delitto di appropriazione indebita nel fatto dell'amministratore di societą che, costituendo riserve di danaro extrabilancio, con gestione occulta, le distragga in favore di terzi per scopi illeciti ed estranei all'oggetto sociale ed alle finalitą aziendali, cosģ procurando ad essi un ingiusto profitto: la condotta di appropriazione, che caratterizza il delitto di cui all'art. 646 c.p., consiste infatti non solo nell'annettere al proprio patrimonio il danaro o la cosa mobile altrui, bensģ anche nel disporne arbitrariamente, uti dominus, sotto qualsiasi forma, in modo tale che ne derivi per il proprietario la perdita irreversibile. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto sussistente il delitto di appropriazione indebita nel caso di un amministratore di societą di capitali il quale, omettendo l'annotazione, la fatturazione e l'iscrizione a bilancio di una quota dei ricavi d'impresa, aveva creato riserve occulte utilizzate per pagare, tra l'altro, politici ed amministratori che gestivano appalti pubblici ed ufficiali della Guardia di finanza corrotti o concussori).