(massima n. 1)
Il delitto di appropriazione indebita si consuma nel momento e nel luogo in cui l'agente tiene consapevolmente un comportamento oggettivamente eccedente la sfera delle facoltà ricomprese nel titolo del suo possesso ed incompatibile con il diritto del proprietario, in quanto significativo dell'immutazione del mero possesso in dominio (come ad esempio l'atto di disposizione del bene riservato al proprietario o l'esplicito rifiuto di restituzione della cosa posseduta). Ne consegue che il momento consumativo non è necessariamente integrato dalla mancata restituzione della cosa nel termine pattuito, potendo ad essa attribuirsi valore sintomatico di una condotta appropriativa pregressa. (Nella specie la Corte ha ritenuto che sussistesse la competenza dell'A.G. ove aveva sede la società locataria dei beni, ivi essendo esercitato il possesso dei medesimi ed ivi dovendosi, pertanto, ritenere consumata la pretesa condotta appropriativa, con inversione del titolo del possesso, stante la valenza meramente sintomatica di un pregresso comportamento illecito attribuibile alla mancata restituzione dei beni nel termine prescritto e nel luogo a ciò deputato).