(massima n. 1)
Il delitto di truffa si perfeziona non nel momento in cui il soggetto passivo assume un'obbligazione per effetto degli artifici o raggiri subiti, bensì in quello in cui si verifica l'effettivo conseguimento del bene economico da parte dell'agente e la definitiva perdita di esso da parte del raggirato; pertanto, quando il reato predetto abbia come oggetto immediato il conseguimento di assegni bancari, il danno si verifica nel momento in cui i titoli vengono posti all'incasso ovvero usati come normali mezzi di pagamento, mediante girata, a favore di terzi i quali, portatori legittimi, non sono esposti alle eccezioni che il traente potrebbe opporre al beneficiario; in entrambi i casi, infatti, si verifica una lesione concreta e definitiva del patrimonio della persona offesa, inteso come complesso di diritti valutabili in danaro. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto sussistente l'ipotesi della truffa consumata e non tentata in una fattispecie in cui la data posticipata era stata apposta sugli assegni conseguiti dall'agente semplicemente a matita, sicché il prenditore avrebbe potuto riscuoterli in qualsiasi momento, ed i titoli medesimi erano stati immediatamente girati a terzi, sicché erano assimilabili a danaro contante).