(massima n. 3)
Non è ipotizzabile una trasformazione in associazione per delinquere di una organizzazione cui sia stato riconosciuto il carattere di confessione religiosa, a meno che tutti i suoi membri non abbiano, di comune accordo, cambiato le regole statutarie, dando vita ad un soggetto nuovo e diverso da quello originario. (Nell'affermare il principio di cui in massima, la Suprema Corte ha peraltro precisato che la libertà religiosa non si presenta, nell'ordinamento giuridico italiano, come una libertà sconfinata, non soggetta ad alcun freno, ma incontra sia quei limiti fondamentali, che costituiscono le condizioni indispensabili per una pacifica convivenza dei singoli nel corpo sociale, sia quei limiti che scaturiscono dai valori essenziali ed inderogabili della civiltà stessa che alla medesima si accompagnano e che informano e compenetrano l'ordinamento giuridico positivo; con la conseguenza che se più persone dovessero riunirsi e fondare una «chiesa», prevedendo nello statuto comportamenti integranti gli estremi di fatti penalmente rilevanti, costoro si renderebbero in ogni caso responsabili del delitto di associazione per delinquere).