(massima n. 1)
Il giudizio di merito relativo alla dichiarazione di paternità o maternità naturale di minori innanzi al tribunale per i minorenni oppure, in sede di gravame, innanzi alla Sezione per i minorenni della Corte d'appello, a norma dell'art. 38 disp. att. c.c. (come modificato dall'art. 221 della legge 18 maggio 1975, n. 151 e dall'art. 68 della legge 4 maggio 1983, n. 184), è soggetto al rito camerale, anziché al rito contenzioso ordinario. Tuttavia, poiché la decisione di merito che pone termine al procedimento è una sentenza (art. 277 c.c.) che, dichiarando la filiazione naturale, incide su diritti soggettivi, creando un vero e proprio «status familiare», i termini per appellare non possono essere quelli di dieci giorni previsti dall'art. 739 secondo comma c.p.c. avverso i decreti pronunciati dal tribunale in camera di consiglio, ma necessariamente quelli propri delle sentenze di rito ordinario, prescritti dagli artt. 325, 326, e 327 c.p.c.; e la forma dell'appello è quella del ricorso e non della citazione, stante la previsione generale di cui all'art. 737 c.p.c., sicché il termine breve per appellare è rispettato con il tempestivo deposito in cancelleria del ricorso entro trenta giorni dalla notifica della sentenza. Peraltro, ove l'impugnazione sia stata proposta con citazione a udienza fissa, l'atto introduttivo conserva valore, purché il termine breve di trenta giorni dalla notifica della sentenza vada computato con riferimento al deposito dell'atto notificato nella cancelleria dell'ufficio giudiziario di secondo grado, e non alla data di notifica.