(massima n. 1)
Nel giudizio avente ad oggetto il riconoscimento dell'efficacia del lodo straniero, l'accertamento della portata della clausola compromissoria, istituzionalmente devoluto alla cognizione del giudice dell'opposizione, compete anche alla Corte di cassazione — la quale dispone, pertanto, del potere di cognizione diretta dei fatti risultanti ex actis, anche al di là del mero controllo di quanto emergente dalla sentenza impugnata — tutte le volte in cui l'interpretazione del negozio compromissorio sia stata richiesta ai fini della risoluzione di una questione processuale concernente l'esistenza di una delle cause ostative al detto riconoscimento. (Nella specie — dolendosi il ricorrente della non conformità all'accordo delle parti della costituzione del collegio arbitrale e del procedimento arbitrali, giacché, essendo stata preventivamente formulata la domanda di arbitrato da uno dei compromettenti, la resistenza e la contrapposta domanda dell'altro non avrebbero potuto formare oggetto di una successiva iniziativa di accesso ad un arbitrato diverso nella sede e nella composizione, ma esigevano di essere convogliate nel giudizio arbitrale già attivato — la S.C., nell'enunciare il principio di cui in massima, ha riconosciuto fondata la censura di violazione dell'art. 840, comma terzo, n. 3, c.p.c., affermando — previa interpretazione della clausola compromissoria alla luce non solo del suo significato letterale ma anche dello scopo perseguito dagli stipulanti e del loro comportamento successivo — che l'alternativa nella composizione del collegio e nella sede dell'arbitrato era destinata a sciogliersi nel momento di accesso, da una delle parti, all'arbitrato).