(massima n. 1)
In tema di procedimento disciplinare a carico di avvocati, la norma generale dell'art. 86 c.p.c. (secondo la quale la parte stessa, se in possesso dei requisiti necessari per esercitare l'ufficio di difensore presso il giudice adito, può stare in giudizio personalmente, senza il ministero di altro difensore) va correlata con le norme speciali previste dall'ordinamento forense e, in particolare, con gli artt. 1, 7 e 33 del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578 e con l'art. 60 del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37, di talché non è consentito a chiunque svolgere difese ed assumere patrocinio davanti al Consiglio nazionale forense, bensì soltanto ai soggetti cui la legge professionale attribuisce il relativo potere in relazione alle qualità personali che abbiano giustificato in precedenza l'iscrizione nell'albo, soltanto eccezionalmente il ricorso al CNF essendo consentito al professionista interessato non iscritto all'albo speciale, a condizione, tuttavia, che egli sia iscritto nell'albo ordinario, con (eventuale) assistenza di un avvocato iscritto nell'albo speciale. Ne consegue che è inammissibile il ricorso al Consiglio nazionale forense sottoscritto dal solo interessato, praticante avvocato e non avvocato; né ciò determina alcun vulnus agli artt. 3 e 24 della Costituzione, stante la diversità di posizioni e di disciplina giuridica tra avvocato e praticante, giustificata dalla diversità dei rispettivi titoli professionali e dal percorso per accedervi, ed atteso che l'esigenza di una difesa tecnica, affidata a soggetto in possesso della qualità necessaria per esercitare l'ufficio di difensore con procura presso il giudice adito, risponde allo scopo di assicurare un più efficace esercizio del diritto di difesa.