(massima n. 1)
Le vicende della «procura alle liti» sono disciplinate, dall'art. 85 c.p.c., in guisa diversa dalla disciplina della procura al compimento di atti di diritto sostanziale, perché, mentre nella disciplina sostanziale è previsto che chi ha conferito i poteri può revocarli (o chi li ha ricevuti, dismetterli) con efficacia immediata, invece né la revoca né la rinuncia privano — di per sé — il difensore della capacità di compiere o di ricevere atti. La giustificazione di tale diversa disciplina consegue — appunto — dal fatto che i poteri attribuiti dalla legge processuale al procuratore non sono quelli che liberamente determina chi conferisce la procura, ma — come quelli in cui si concreta lo ius postulandi — sono attribuiti dalla legge al procuratore che la parte si limita a designare. E, in base all'art. 85 c.p.c., ciò che priva il procuratore della capacità di compiere o ricevere atti, non sono dunque la revoca o la rinuncia di per sé soli, bensì il fatto che alla revoca o alla rinuncia si accompagni la sostituzione del difensore.