(massima n. 1)
Il criterio per la determinazione della competenza va fissato in base non solo all'oggetto della domanda proposta dall'attore, ma anche ai fatti posti a fondamento di esse, indipendentemente dalla loro fondatezza, senza che abbiano, a tal fine, rilevanza le contestazioni formulate dal convenuto e le diverse prospettazioni dei fatti da esso avanzate. Unico limite alla rilevanza dei fatti prospettati dall'attore, ai fini della determinazione della competenza, è costituito da una eventuale prospettazione artificiosa (cioè finalizzata a sottrarre la controversia al giudice precostituito per legge) o prima facie infondata. Ne consegue che nell'ipotesi in cui l'attore, qualificandosi come «consumatore», agisca per far valere un diritto previsto dal D.L.vo n. 50 del 1992, la competenza territoriale a decidere la controversia è da attribuire inderogabilmente al giudice del luogo di residenza o di domicilio dell'attore (in applicazione dell'art. 12 del citato D.L.vo n. 50 del 1992), indipendentemente dalla fondatezza o meno della prospettazione relativa alla qualificabilità dello stesso come consumatore, potendo giungersi ad un diverso risultato solo nell'ipotesi in cui tale prospettazione risulti artificiosa o prima facie infondata. (Nella specie la Suprema Corte ha accolto una istanza di regolamento necessario di competenza precisando che, essendo stato il giudizio instaurato per far valere un pretesto diritto di recesso dal contratto ex art. 4, D.L.vo n. 50 del 1992, l'adito giudice del luogo di residenza dell'attore non avrebbe potuto dichiarare la propria incompetenza territoriale (considerando operativa la clausola di deroga convenzionale del foro) basandosi sul rilievo che l'attore non era qualificabile come consumatore, in quanto la relativa prospettazione contenuta nell'atto introduttivo del giudizio non era da ritenere prima facie infondata).