(massima n. 1)
In tema di estradizione per l'estero, il divieto di pronuncia favorevole che l'art. 705, comma 2, lett. c), c.p.p. stabilisce per i casi in cui vi sia motivo di ritenere che l'estradando verrà sottoposto ad atti persecutori o discriminatori ovvero a pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti o comunque ad atti che configurano violazione di uno dei diritti fondamentali della persona, opera esclusivamente nelle ipotesi in cui ciò sia riferibile ad una scelta normativa o di fatto dello Stato richiedente, considerato nella sua veste istituzionale; si rimane pertanto al di fuori della previsione di legge nel caso in cui si prospetti il timore che l'estradando, una volta consegnato allo Stato richiedente, possa subire in quel Paese atti di violenza ad opera di persone estranee agli apparati istituzionali, le quali agiscano di propria iniziativa per motivi privati di vendetta o di altro genere, trattandosi di evenienze che, con le opportune cautele, ben possono essre pervenute e contro le quali è comunque possibile, in un ordinamento democratico, una tutela legale. (In applicazione di tale principio la Corte ha ritenuto non ostativo all'estradizione verso gli Usa il dedotto pericolo per l'incolumità fisica dell'estradando, il quale aveva prospettato di essere stato oggetto nel Paese di appartenenza, a causa della natura infamante del reato addebitatogli, di ripetute e serie minacce di morte da parte di altri detenuti e di un agente di polizia).