(massima n. 1)
Il c.d. «patteggiamento» non comporta ammissione di colpevolezza né costituisce richiesta di condanna, l'una non potendosi ritenere e l'altra ammettere senza un giudizio formale di accertamento e altresì senza le normali conseguenze (spese processuali, pene accessorie, efficacia nei giudizi civili o amministrativi) espressamente escluse dall'art. 445 c.p.p.; esso costituisce però, impegno ad accettare ed eseguire — salvo il caso di sospensione condizionale — la sanzione concordata con il pubblico ministero e ritenuta equa dal giudice, con rinuncia ad ogni questione od obiezione di qualsiasi natura. Pertanto non è possibile proporre al giudice dell'impugnazione eccezioni che sono state superate dall'applicazione della pena richiesta, né devolvere allo stesso il potere di conoscerne; soltanto su quelle rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del dibattimento egli può pronunciarsi in ogni caso, anche indipendentemente da una doglianza sul punto, ai sensi dell'art. 609, comma 2 c.p.p., disposizione che, costituendo un'eccezione al principio di devoluzione è insuscettibile di estensione.