(massima n. 3)
Non viola il divieto di reformatio in peius il giudice di appello che, su gravame del solo imputato, pur escludendo l'esistenza di una circostanza aggravante, lasci inalterata la misura della pena inflitta in primo grado, qualora a quella esclusione non consegua una automatica riduzione di questa, ma la necessità di un rinnovato giudizio comparativo tra aggravanti residue e attenuanti, nella formulazione del quale il giudice di secondo grado conserva piena facoltà di conferma del precedente giudizio di valenza, il cui esercizio è insindacabile in Cassazione, se congruamente motivato. (Fattispecie nella quale il giudice di appello aveva escluso l'aggravante della premeditazione, ma confermato quella dei futili motivi, mantenendo fermo il giudizio di equivalenza con le attenuanti come formulato in prime cure).