(massima n. 1)
In tema di scelta tra le varie formule assolutorie, va pronunciata assoluzione con la formula «perché il fatto non sussiste» quando manchi uno degli elementi oggettivi del reato (azione, evento, nesso di causalità) mentre deve assolversi con la formula «perché il fatto non costituisce reato», quando manchi l'elemento soggettivo (dolo, colpa). Ne deriva che, accertatosi il difetto del rapporto di causalità tra azione ed evento, la assoluzione con la formula «perché il fatto non sussiste» prevale su qualsiasi altra con formula diversa e, in particolare, rende superflua ogni valutazione della condotta poiché siffatto esame comporterebbe un giudizio che, comunque, si risolverebbe in una obiter dictum. Ed infatti, pur se tale giudizio fosse favorevole all'imputato, la relativa formula di assoluzione — e cioè «perché il fatto non costituisce reato» — non troverebbe applicazione essendo su di essa prevalente l'altra formula assolutoria più favorevole — e cioè «perché il fatto non sussiste» — sia perché indicata con priorità nella elencazione di cui all'art. 129 c.p.p. sia perché preclusiva di azione civile ex art. 652 c.p.p.