(massima n. 1)
La ratio della norma che pone a carico della persona offesa dal reato l'onere di chiedere di essere informata dell'eventuale richiesta di archiviazione proposta dal pubblico ministero è solo quella di esonerare le procure da inutili adempimenti: dovranno essere avvertiti esclusivamente coloro che dichiarano di volerlo, con la conseguenza che nessuna violazione di legge sussiste in caso di mancata comunicazione della detta richiesta del P.M. alla persona offesa rimasta inerte. Da tale disposizione, però, non può assolutamente discendere che la persona offesa, la quale non presenti la richiesta ex art. 408, comma 2, c.p.p., perde tutti i diritti riconosciutile dal nuovo codice di rito, tra cui quello di opporsi all'eventualità di archiviazione del procedimento e di innescare così la procedura camerale prevista dagli artt. 409 e 410 stesso codice. Infatti, qualora l'opposizione venga comunque presentata tempestivamente anche da chi non abbia ricevuto — ovvero, come nel caso di specie, da chi l'abbia ricevuto pur non avendo diritto di riceverlo — l'avviso in questione, essa, lungi dall'essere per questa ragione inammissibile, deve venire presa in considerazione dal giudice per le indagini preliminari, che deve provvedere secondo il disposto dell'art. 410 c.p.p., e cioè attraverso il procedimento camerale. Un diverso comportamento del giudice, che non rende possibile il contraddittorio pronunciando decreto di archiviazione, viola il diritto di intervento della persona offesa, la cui tutela è espressamente posta — a pena di nullità — dall'art. 178, lett. c) c.p.p.