(massima n. 1)
Nel caso di violazione di norme urbanistiche sull'altezza degli edifici, la sussistenza del danno in re ipsa — la quale, peraltro rileva unicamente ai fini di una condanna generica in quanto la determinazione del quantum risarcibile presuppone (salva la possibilità di liquidazione equitativa) una prova precisa non solo sulla potenziale esistenza del danno ma anche sull'entità di esso — va ritenuta limitatamente ai danni che il terreno adiacente a quello ove si è commesso l'illecito subisce in termini di amenità, comodità, tranquillità e per la riduzione di luce, aria e vista, essendo invece da escludere la configurabilità di danno in re ipsa in funzione di un'eventuale diminuzione della edificabilità, giacché tale conseguenza può verificarsi o meno, a seconda delle disposizioni degli strumenti urbanistici applicabili nella specie.