(massima n. 1)
In tema di immissioni in alienum, il criterio del contemperamento delle esigenze della produzione con le ragioni della proprietà, posto dall'art. 844, secondo comma, c.c., non implica che nelle zone a prevalente vocazione industriale debbano necessariamente considerarsi lecite e tollerabili, per il solo fatto della destinazione urbanistica data dalla competente pubblica amministrazione all'area interessata dal fenomeno, le immissioni di qualsiasi natura ed entità determinate dall'attività produttiva, ma implica solo che, nella riconosciuta preminenza dell'interesse collettivo, in termini di prodotto e di occupazione, ala prosecuzione dell'attività immissiva, possa essere effettuata una valutazione comparativa degli interessi dedotti in giudizio ai fini della determinazione del contenuto della sanzione da applicare, ciò che si realizza con l'attribuire al giudice, una volta che abbia riconosciuto l'esigenza del mantenimento dell'attività produttiva, il potere di astenersi dall'adozione di misure inibitorie, e di far luogo, invece, a statuizioni che, pur con il sacrificio della piena tutela della proprietà individuale, consentano la prosecuzione dell'attività immissiva dietro pagamento di un congruo indennizzo, sempre che detta attività rimanga nei limiti della normale tollerabilità, configurandosi come dannosa, ma lecita. Ove, invece, tali limiti siano superati, si è in presenza di un'attività illegittima, traducentesi in fatti illeciti generatori di danno risarcibile ex art. 2043 c.c.