(massima n. 1)
In tema di durata massima della custodia cautelare nella fase delle indagini preliminari, la norma dell'art. 303, comma primo, lett. a), n. 3 c.p.p. — che eleva ad un anno il termine relativo ai delitti di cui alla lett. a) del comma secondo dell'art. 407, a condizione che per gli stessi sia prevista una pena superiore nel massimo a sei anni — si riferisce alla pena computata secondo il disposto dell'art. 278 c.p.p., e dunque anche ai delitti la cui sanzione edittale ecceda i sei anni solo per la concorrenza di circostanze aggravanti ad effetto speciale o che comportino l'applicazione di pena di specie diversa da quella ordinaria del reato. (In motivazione la Corte ha escluso che, riguardo a delitti segnati dall'uso del metodo mafioso o dal fine di agevolazione delle associazioni mafiose — per tale ragione aggravati secondo il disposto dell'art. 7 del D.L. 13 maggio 1991, n. 152, ed al tempo stesso ricondotti alla previsione dell'art. 407, comma secondo, lett. a), n. 3 c.p.p. — possa configurarsi una indebita duplicazione di effetti sfavorevoli, posto che il legislatore può ben valorizzare la particolare gravità di un fatto sia in senso quantitativo che in senso qualitativo).