(massima n. 1)
La disposizione di cui al secondo comma dell'art. 303 c.p.p., secondo la quale nei casi in cui il procedimento regredisca ad una fase o a un grado di giudizio diversi i termini della custodia cautelare decorrono ex novo, pur avendo riguardo all'ipotesi di un unico provvedimento restrittivo, è a maggior ragione applicabile quando per un qualsiasi motivo la primitiva ordinanza custodiale sia stata dichiarata inefficace e ne sia seguita una seconda (nella specie per la decorrenza del termine di cui all'art. 27 c.p.p. a seguito della trasmissione degli atti al pubblico ministero dopo la dichiarazione di incompetenza territoriale da parte del giudice di appello), giacché non vi è dubbio che in tal caso quest'ultima, per il suo carattere di autonomia rispetto alla precedente, determini una nuova decorrenza dei termini custodiali, secondo il principio generale sancito dal primo comma dell'art. 297 c.p.p. per il quale gli effetti della custodia cautelare decorrono dal momento dell'esecuzione del provvedimento restrittivo o dall'arresto o dal fermo; né può essere invocato, in proposito, il precetto posto dal terzo comma del predetto articolo 297 relativo al divieto delle c.d. contestazioni a catena, giacché tale disposizione trova applicazione solo quando siano emesse ordinanze tutte egualmente valide ed efficaci onde evitare una protrazione illegittima ed ingiustificata della durata della custodia cautelare, non anche quando la pluralità di provvedimenti restrittivi tragga origine dall'inefficacia del precedente o dei precedenti, poiché in tal caso viene meno la ratio giustificatrice della deroga che tale disposizione pone.