(massima n. 1)
Ai fini del computo dei termini massimi di custodia cautelare deve valutarsi il concorso delle aggravanti secondo un criterio concettuale e non formale. L'interprete perciò, prescindendo dalla collocazione in una stessa o in diverse disposizioni di legge, dovrà valutare la possibile coesistenza, delle stesse indipendentemente dalla loro collocazione. Una volta stabilita l'autonomia concettuale di ciascuna aggravante il computo dovrà essere effettuato secondo i criteri indicati dall'art. 63 c.p. e perciò nella misura massima prevista per la più grave delle aggravanti ad effetto speciale con un'ulteriore aumento di un terzo per le successive complessivamente considerate. Né può ritenersi che la facoltà concessa al giudice, nel caso di concorso tra più aggravanti ad effetto speciale, di procedere ad un ulteriore aumento di pena dopo quello previsto per la prima di esse, costituisca una eccezione al principio generale che consente un solo aumento o che, quantificandosi l'ultimo aumento nella percentuale propria delle aggravanti ordinarie, di esso non debba tenersi conto ai fini dell'art. 278 c.p.p. (che non le comprende nella quantificazione della pena massima edittale), dal momento che occorre tener presente la natura dell'aggravante e non il limite massimo di aumento della pena. (Fattispecie di concorso, in tema di rapina, dell'aggravante del numero delle persone e di quella derivante dal possesso di armi).