(massima n. 1)
La disciplina delle misure cautelari ha carattere processuale e perciò, in linea di massima, nella fase delle indagini preliminari il giudice non può discostarsi dalla contestazione mossa dal pubblico ministero e non gli è consentita alcuna valutazione sul suo contenuto. Tuttavia, quando risulti con evidenza, in base alla sola data del commesso reato così come precisata nell'imputazione, che debba essere applicata all'indagato, in base all'art. 2 del c.p., una normativa più favorevole inequivocabilmente individuabile raffrontando la disciplina sanzionatoria precedente e quella indicata nella contestazione, è alla prima che il giudice dovrà fare riferimento nel computare i termini di durata massima della custodia cautelare non potendosi trascurare il carattere sostanziale dell'afflittività delle misure cautelari personali e la tutela dello status libertatis con le relative implicazioni di carattere costituzionale che lo presidiano. (La Corte ha ritenuto che giustamente il tribunale avesse accolto il ricorso con il quale si chiedeva la scarcerazione per scadenza dei termini massimi di custodia cautelare in un caso in cui all'indagato era stata contestata la violazione dell'art. 73 D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, ma dalla data di commissione del reato emergeva con evidenza che la norma applicabile era quella prevista dall'art. 71 della L. 22 dicembre 1975 n. 685 che, ai fini della durata massima della custodia cautelare, prevede un termine più breve che era già scaduto).