(massima n. 1)
Le modalitā di calcolo dei termini di durata massima di custodia cautelare variano a seconda che sia o meno intervenuta una sentenza di condanna. Nel primo caso, contemplato dagli artt. 278 e 303, comma primo, lettere a) e b) c.p.p., deve aversi riguardo alla pena comminata in astratto dalle singole norme incriminatrici con le ulteriori specificazioni contenute negli artt. 280 e 278 stesso codice, che impone di tenere conto delle circostanze di cui all'art. 63, comma 3, c.p., ma esclude invece, all'evidente scopo di evitare una lievitazione sproporzionata della pena con conseguente estensione della sfera di applicabilitā delle misure, l'aumento previsto per la continuazione e la recidiva. Nel secondo, contemplato dalle lettere c) e d) del cit. art. 303, deve invece aversi riguardo alla sanzione inflitta in concreto dal giudice della cognizione, senza possibilitā di operare in seno alla stessa alcuna distinzione o specificazione, rese superflue ed anzi arbitrarie dall'intervenuto giudizio. La pena cosė intesa va tuttavia depurata delle parti relative a reati riuniti in continuazione per i quali la misura, di volta in volta considerata, non sia applicabile o non sia stata in effetti applicata. (Fattispecie in cui č stato rigettato il ricorso con cui l'imputato, condannato a dodici anni di reclusione, di cui due per la recidiva e la continuazione, si lamentava della mancata applicazione dell'art. 278 c.p.p. La Corte ha ritenuto corretta la decisione del tribunale che, pur avendo scisso il reato continuato nelle singole violazioni, ha tenuto conto dell'aumento di pena operato sulla sanzione base per effetto della recidiva).